giovedì 13 marzo 2014

Cellulite, fanghi d'alga sconsigliati a chi ha problemi di tiroide

Osannati come la soluzione miracolosa agli inestetismi della cellulite i fanghi d'alga sono sconsigliati alle donne che hanno problemi di tiroide e pelle sensibile, per quelle in gravidanza e in allattamento.
«E' necessario abbandonare l'idea che facciano miracoli, benché possano avere qualche efficacia a livello superficiale». Questo il monito di Maria Grazia Caputo, medico estetico presso l'ambulatorio di medicina estetica dell'ospedale Fatebenefratelli di Roma.

«Purtroppo esiste un'informazione distorta - spiega la dottoressa - perché questi prodotti vengono propagandati come la panacea del trattamento della cellulite. In realtà non è assolutamente così. Sono tutti trattamenti che possono avere una qualche efficacia ma soltanto a livello superficiale».

Possono essere di aiuto, continua l'esperta, nel migliorare la compattezza della pelle, un po' il tono, nel renderla più levigata «ma non solo un reale trattamento terapeutico».

«I fanghi d'alga devono essere utilizzati con precauzioni - spiega ancora Caputo - vanno applicati su persone che hanno una cute integra in buono stato. Inoltre non esistono pareri univoci sulla loro possibile interferenza con la funzionalità tiroidea, il dosaggio degli ormoni ed un eventuale aumento dei livelli di iodio all'interno dell'organismo».

Il rossetto per curare il cattivo umore e aumentare l'autostima

Colorare le labbra non è più solo un vezzo estetico. I rossetti sono il barometrodell'umore e aumentano l'autostima, danno una sensazione da red carpet anche se ci si trova al suprmarket e rendono elastiche, protette, disegnate e di nuovo belle anche le labbra più provate e sottili. La promozione del rossetto è della rivista tecnico-scientifica Cosmetics and toletries science applied. 

«Altro che semplici cosmetici - spiega Rachel Mallon, autore della rassegna - i lipstick esaltano espressioni, seduzione e femminilità e sono anche simbolo di emancipazione, oltre che di crisi economica tanto che nei periodi più bui le vendite dei lipstick aumentano».

Non sarà un caso, si legge nell'articolo, che negli Stati Uniti i rossetti registrino un incremento dell'11% negli ultimi dodici mesi, che gli americani pensano che absti un gloss per fsrli sentire come desiderano e che in Inghilterra il mercato dei prodotti per le labbra è aumentato dell'8% con vendite che toccano i 70 milioni di sterline. In make-up in Europa ha registrato un aumento del 2,4% nell'ultimo anno, trascinato da rossetti e smalti.

Cura della pelle del viso


Prepariamoci alla bella stagione con una pelle dall’aspetto più luminoso e tonico. Pronte per i primi weekend al sole, col viso all’insù in spiaggia, in giardino o sul terrazzo di casa? Farsi baciare dal sole, soprattutto a inizio stagione, è un vero piacere. Per evitare brutte sorprese e godere appieno di tutti i vantaggi del bel tempo, meglio prepararci con i trattamenti giusti.


Come utilizzarli e applicarli al meglio per ottimizzare i benefici? Stendiamo la crema seguendo il percorso dei muscoli facciali: movimenti rotatori intorno a bocca e occhi, sulle guance usiamo le dita muovendole dal basso verso l’alto e sul collo passiamo i palmi delle mani in verticale, dall’alto in basso. Un massaggio dolce ma deciso che aumenta l’efficacia della crema e stimola i muscoli che sostengono la pelle. Alla sera strucchiamoci con un latte detergente delicato e usiamo un tonico non alcolico. Se durante il week end ci rilassiamo al sole, non dimentichiamo di applicare una buona crema solare ad al protezione, da scegliere a seconda del nostro fototipo.   Se riusciamo a ricavare dalla nostra agenda un paio d’ore libere prenotiamo una pulizia del viso nel nostro istituto di bellezza e facciamoci coccolare dalle abili mani di un’ esperta. Ma se vogliamo, possiamo anche farla in casa.  Per quanto riguarda la pelle del corpo, al cambio di stagione è buona cosa eseguire uno scrub accurato con un prodotto esfoliante leggero; da applicare con un ampio massaggio -per eliminare cellule morte e  ‘far respirare’ i tessuti – molto utile anche a beneficio della circolazione.  Per chi predilige i peeling casalinghi è raccomandabile scegliere prodotti adeguati al proprio tipo di pelle. 

Se per predisporci al meglio al sole è importante idratare la pelle, è altrettanto importante idratare l’organismo. Prima di tutto pensiamo alla depurazione: per eliminare le tossine e recuperare benessere e a rinnovare i tessuti cellulari.

Seguiamo un programma di disintossicazione a base di tisane che facilitano il compito depurativo degli organi drenanti e beviamo molta acqua. E’ una buona abitudine, per esempio, bere ogni mattina a digiuno un bicchiere d’acqua tiepida fatta bollire per almeno 5 minuti, volendo, con aggiunta di  succo di limone.
Infine, arricchiamo la dieta di alimenti anti-radicali liberi e ricchi di fibre, vitamine e omega 3 come pesce azzurro, frutta secca, i frutti di bosco e frutta in generale; ottime le verdure come spinaci, broccoli, cavolini di Bruxelles.
Abbiniamo un’ attività fisica moderata ma costante per favorire l’ossigenazione del nostro corpo. E’ inevitabile: la bellezza passa di lì, da un minimo di fatica (ma sempre piacevole!) e dalla cura del nostro benessere generale.

Maschere per il viso, diverse tipologie di prodotti

Le maschere per il viso: i differenti prodotti. Anni e anni fa, quando una donna noto per la prima volta la qualità addolcente del succo di cetriolo e immaginò di coprirsi il viso con qualche fetta di questa simpatica verdura, inventò le maschere. Da quel giorno gli esperti dei prodotti cosmetici  hanno fatto molto meglio.
Oggi esistono tutta una serie di maschere per il viso cariche di virtù stupefacenti. Hanno un denominatore comune, la loro grande efficacia e la loro azione ultra rapida. In tal senso la maschera rimane il mezzo ideale per un’immediata rimessa in forma della pelle, da utilizzare la vigilia di una serata di festa, per esempio. In commercio si presentano sotto forma di creme o di liquidi che si spalmano sul viso perfettamente pulito e che si lasciano asciugare da 15 a 20 minuti prima di toglierle con dell’acqua tiepida. Infatti, la gamma delle maschere è molto ampia, tanto ampia quanto la gamma degli usi ai quali è destinata, visto che si adoperano sia per schiarire semplicemente il colorito, che per restringere i pori della pelle, effettuare una pulizia in profondità, cancellare le rughe o rigenerare l’epidermide.

Maschere di bellezza, la migliore tecnica di utilizzo

Le maschere ad azione istantanea, le “maschere di bellezza” (schiarenti dell’epidermide, addolcenti dell’epidermide), possono essere applicate abbastanza regolarmente ogni quindici giorni, una volta al mese, in occasione di un’uscita importante. Danno un colpo di luminosità al viso, istantaneamente, riposano e distendono i tratti. Le maschere, la cui azione è più  profonda e il cui ruolo è di rigenerare i tessuti, sono spesso utilizzate come complemento di una cura a base di creme e fiale agli estratti vitalizzanti. Viene loro richiesto di rassodare la pelle (maschere a base di fango marino) o di ammorbidire (maschere agli estratti di piante, maschere  biologiche).
La tecnica. Prima di spalmare il prodotto, bisogna preparare il viso a riceverlo con una pulizia meticolosa seguita da una  fumigazione (mettete il viso sopra una pentola d’acqua bollente dove lascerete in infusione un pò di rosmarino). Sdraiatevi, poi, perfettamente in riposo, i piedi leggermente rialzati, e, proteggendo le palpebre con una garza, stendete la maschera con una spatola, sul viso e sul collo, ma abbastanza lontano dalle zone fragili degli occhi e delle labbra. Venti minuti dopo (non bisogna né abbreviare, né allungare i tempi) togliete il prodotto che si sarà solidificato, con del cotone imbevuto d’acqua tiepida.

Le maschere per il viso fai da te, naturali e di antica tradizione: come prepararle?

Cure per il viso – Le maschere naturali all’antica potete farle voi stesse con verdura e frutta di stagione. Non costano care, ma richiedono una certa preparazione ed un po’ di tempo.
Una delle maschere per il viso più classiche, nota per ridare splendore ad una pelle spenta e secca, è la seguente: è composta da un giallo d’uovo e da un cucchiaio da minestra di miele liquido mescolati e che terrete venti minuti. Risciacquate  poi con acqua tiepida. In inverno, servitevi delle virtù delle albicocche secche. Mettete a bagno una manciata di albicocche in acqua bollente e quando sono gonfie e molli, mettetele sul viso, mantenendole fisse con delle compresse di garza. Il lievito di birra fresco (1 cucchiaio da minestra) diluito in 4 cucchiai da minestra d’acqua tiepida e resa più spessa da un cucchiaio di caolino per formare una pasta; è una vecchia  ricetta speciale per schiarire il colorito, questa “maschera depuratrice della pelle” come viene chiamata, deve i suoi spettacolari effetti ad un’importante proporzione di enzimi.” Tuttavia, è meglio essere prudenti e non lasciarla più di due o tre minuti a contatto con l’epidermide, per la prima applicazione.

Rimedi rapidi del make-up sbagliato

La fretta, si sa, è cattiva consigliera. Eppure, ci sono delle circostanze in cui il tempo sembra proprio non esserci e bisogna fare sempre tutto di corsa.
Un esempio? La mattina, prima di uscire di casa. Tra sveglie, vestiti da scegliere e colazioni da preparare, il tempo per la toletta si riduce a un rapidissimo fai da te, con il rischio di andare al lavoro con qualche imperfezione sul viso.
Ecco, allora, qualche segreto per rimediare in maniera veloce ai piccoli inconvenienti di make-up.
A tutte, infatti, sarà capitato di mettere sul viso troppo fondotinta. Onde evitare di presentarsi al lavoro ricoperta di uno strato di colore (steso male, per giunta), basterà tirare il fondotinta dall’interno verso l’esterno attraverso l’uso di una spugnetta asciutta, massaggiando poi con le mani per far assorbire il prodotto di troppo.
Nel caso, invece, che si sia esagerato con il fard, si può rapidamente rimediare sfumando su tutto il viso il colore di troppo con l’aiuto di un pennello largo, perché permette ci ridurre i contorni mimetizzando il colore perfettamente con la pelle, rendendo il giusto effetto naturale. Comunque, per prevenire questo tipo di problema è sempre meglio picchiettare il pennello sopra il fard, piuttosto che strisciarlo sul prodotto.
Passando, poi, allo sguardo, se non si sta attenti, può capitare di far scivolare l’ombretto, sbavandolo sotto l’occhio e rovinando l’effetto desiderato. In questi casi bisogna procedere in base al colore dell’ombretto scelto: rimediare con dei tocchi leggeri di correttore se è scuro, o ricorrere all’uso del pennello e un po’ di cipria in caso sia più tenue.
Altro grande classico del fast make-up è il mascara colato o sbavato. Non disperate, perché non dovete per forza struccarvi e ricominciare tutto da capo (perdendo un sacco di tempo prezioso), ma basterà procurarsi un piccolo cotton fioc e passarlo sopra la sbavatura con dei movimenti veloci e circolari (lo stesso vale in caso di matita nera sbavata). In generale, se volete evitare questo tipo di problema, quando applicate il mascara, guardate in basso verso la punta del naso.
Insomma, niente è impossibile, perché basta davvero poco per correggere in pochi secondi quei piccoli sbagli che capita a tutti di fare appena usciti dal letto, salvando così la faccia senza fare tardi.

Terribili occhiaie. Cosa posso fare?

Le occhiaie sono un inestetismo piuttosto frequente. Sono provocate da una stasi del flusso sanguigno perioculare, che conferisce alla cute il classico colore blu-grigio.
Sfortunatamente non esistono soluzioni risolutive. Con alcuni accorgimenti è possibile però contrastarle. Occorre ad esempio limitare le esposizioni a fonti di calore (come lampade e sole) e struccarsi ogni sera prima di coricarsi. Bisogna inoltre dormire con regolarità (il sonno notturno è, in generale, un vero e proprio toccasana per la pelle), facendo attenzione alla posizione della testa, che deve essere leggermente rialzata rispetto al corpo, in modo tale da facilitare la microcircolazione.
È poi consigliabile utilizzare prodotti che favoriscono la microcircolazione, a base, cioè, di bioflavonoidi, escina, centella asiatica ed estratti di vite, oltre a integratori alimentari che contengono estratti di mirtillo, bioflavonoidi, vitamina C, ginko biloba e iperico.
Quando ci si trucca è meglio evitare di mettere mascara o matite scure sulla rima ciliare inferiore, perché potrebbero accentuare l’inestetismo. È invece valido l‘uso del correttore, che deve essere di un tono più chiaro dell’incarnato o delicatamente aranciato, la tonalità che meglio nasconde l’effetto bluastro delle occhiaie.

Mani di fata, come prendersene cura

Con l’arrivo dei primi freddi tendono a diventare secche e screpolate, per questo hanno bisogno di maggiori coccole e attenzioni.Il bel colorito dorato guadagnato durante la stagione estiva è già iniziato a scomparire e con lui anche gli smalti di nuances vivaci e fluo, che hanno acceso la nails art in squisito contrasto con l’abbronzatura, sono stati relegati nell’angolo più nascosto del beauty-case. Come succede per l’abbigliamento e gli accessori, anche il look delle mani deve essere dunque necessariamente rivisto a causa dell’arrivo dell’autunno inverno, ma soprattutto di estrema importanza è un’adeguata hand-care che sappia valorizzarne e custodirne la bellezza.Se è pur vero che durante questo periodo l’utilizzo di guanti in lana, pelle o camoscio, oltre che glamour può risultare salvifico per proteggersi dal freddo e magari nascondere una manicure poco curata, è altrettanto innegabile che anche i più graziosi fashion gloves non potranno di certo essere indossati in ambienti chiusi come uffici o ristoranti ed è qui che le mani ritorneranno prepotentemente in evidenza, mostrando tutti i propri pregi e difetti.Niente di peggio allora, in tali situazioni, che far fuoriuscire da guanti super fashion delle mani con pelle secca e screpolata o peggio ancora con smalto vecchio e scheggiato. La manicure deve essere, quindi, sempre e rigorosamente curata, anzi affiancata da qualche coccola e attenzione in più. Già soggette all’aggressione di freddo, vento e pioggia, sarà bene infatti che le nostre mani evitino di essere sottoposte ad altre ostilità. Banditi dunque detergenti che non siano delicati e che non rispettano il ph della cute, abbiate poi cura di risciacquare e asciugare sempre molto bene le mani, per poi idratarle quanto più frequentemente possibile con creme ricche di sostanze lenitive ed emollienti. Per le unghie usate sempre solventi privi di acetone e, prima di applicare il nuovo smalto, lavate le mani con cura e massaggiate una crema nutriente e riparatrice specifica per unghie e cuticole.In inverno non si deve mai temere di essere troppo generosi con la propria pelle, anzi. Per questo vi consigliamo un vero trattamento urto di super idratazione e nutrimento, da somministrare una volta ogni tanto o in caso di emergenza. Prima di andare a dormire, applicate un’abbondante quantità di crema specifica su entrambe le mani, poi infilate un paio di guanti in lattice. Riposate pure tutta la notte e la mattina dopo risciacquate con cura.

Le creme protettive per il sole in gravidanza

Durante la gravidanza è necessario seguire importanti accorgimenti per evitare scottature e fastidiose e antiestetiche macchie scure. Usare una corretta crema protettiva per il sole in gravidanza è un buon metodo per proteggersi e per ottenere un’abbronzatura uniforme. Il fattore protettivo è legato al fototipo ma si consiglia di usare una protezione con sfp superiore a 20.
Durante la gravidanza è necessario evitare di esporsi eccessivamente ai raggi solari poiché può essere veramente pericoloso perché proprio in questo particolare stato c’è una maggiore produzione di melanina, che però non avviene in maniera uniforme. Le aree più colpite sono le areole, la linea tra l’ombelico e il pube (la cosiddetta linea alba) e, nel viso, lemacchie scure si concentrano su zigomi, fronte, mento e labbra superiori. Si parla di maschera gravidica o cloasma).
Molto importante è utilizzare una crema protettiva per il sole in gravidanza che contenga filtri UVA, (responsabili dell’invecchiamento precoce e della formazione delle macchie), filtri UVB (responsabili delle scottature) e IR, che sono i responsabili della vasodilatazione, pericolosa perché può portare a teleangectasia. Inoltre sono da preferire le creme solari ipoallergeniche. Il fattore protettivo da usare dipende dal fototipo (più elevato nel fototipo chiaro e più basso in quello scuro) ma è preferibile comunque un fattore di protezione superiore a 20. Nel viso è consigliato applicare una protezione con fattore 50. La crema solare va applicata trenta minuti prima dell’esposizione al sole e deve essere spalmata regolarmente e abbondantemente su tutto il corpo, orecchie piedi e mani comprese! L’applicazione va inoltre ripetuta ogni 2-3 ore e dopo il bagno o la doccia.
Consigli e accorgimenti

Usare una buona crema protettiva per il sole in gravidanza è il primo passo per proteggersi dai raggi solari e abbronzarsi uniformemente. Oltre a ciò si consiglia di bere molto per evitare la disidratazione, evitare di esporsi durante le ore più calde e coprirsi la testa con un cappello a tesa larga per evitare il surriscaldamento corporeo.

Bere alcolici in gravidanza è pericoloso?

E’ un dubbio che tormenta molte donne, soprattutto – ovviamente – quelle che più volentieri si concedono uno o più bicchieri di bevande alcoliche con una certa frequenza: bere alcolici in gravidanza può essere pericoloso? E fino a che punto? Approfondiamo insieme la problematica, che chiaramente è tutt’altro che semplice o sbrigativa.
I rischi
I rischi derivanti dall’assunzione di alcolici durante la gravidanza
sono molteplici e disparati: dalle malformazioni fisiche che il bambino potrebbe riscontrare, fino all’ereditarietà dell’alcolismo, che si può verificare anche in età adulta, nonostante abbia goduto di una perfetta salute nell’infanzia.
Pertanto il solo e unico consiglio che si può dare con totale certezza di non sbagliare a qualsiasi donna incinta, che sia solo abituata a bere un bicchiere di vino a tavola (e quindi a stomaco pieno, il che lo fa sembrare certo ‘meno pericoloso’) o che provenga da una reale dipendenza da alcol, è il seguente: smettere. Smettere completamente con l’assunzione di bevande alcoliche è l’unica maniera per essere certe di non andare incontro ad alcun tipo di rischio; perchè l’organismo di ciascuna donna risponde in maniera diversa all’alcol, per cui consigliare una ‘moderata quantità’ a una persona abituata a bere senza grossi freni significa sicuramente qualcosa di diverso da ciò che potrebbe significare per una persona che assume saltuariamente vino durante i pasti.

Bere alcolici in gravidanza può portare a ritardi mentali,
parto prematuro e perfino alla cosiddetta FAS (sindrome alcolica fetale), che comporta microcefalia, ritardo della crescita e disturbi del sistema nervoso: di fronte a rischi di questo genere, una madre coscienziosa non esita a smettere di bere.
I primi tre mesi

I primi giorni dal concepimento in particolare, ma tutto il primo trimestre della gravidanza costituiscono il periodo più esposto ai rischi appena citati: è in questo momento infatti che si formano lo scheletro e gli organi del feto, che attraverso la placenta potrebbe assumere l’alcol nel corpo della madre. Ma per evitare tutto ciò basta semplicemente smettere completamente di bere alcolici in gravidanza.

Le precauzioni per assumere le medicine in modo corretto durante la gravidanza e nei primi anni di vita del bambino

Uso dei farmaci: gravidanza e bambini.
Quando si aspetta un bambino, è buona norma chiedere sempre consiglio al proprio medico o al ginecologo prima di assumere qualsiasi farmaco. In ogni caso, se esiste una controindicazione nel periodo gestazionale, questa è riportata nei foglietti illustrativi delle specialità medicinali. Nella maggior parte dei casi viene posta in via cautelativa, perché il medicinale non possiede un’adeguata documentazione sull’impiego in gravidanza. Ma se la terapia con un farmaco controindicato in gravidanza fosse già in atto quando una donna si accorge di essere incinta, è bene affidarsi al consiglio di esperti che potranno valutare la situazione nel suo complesso e quantificare il rischio reale. Imparare a usare i farmaci solo quando sono effettivamente necessari è il modo migliore per limitare il rischio di assumere medicinali nelle prime settimane di gestazione, quando questo stato non è ancora noto. Con la nascita del piccolo e l’inizio dell’allattamento al seno la situazione è un po’ diversa. Solo alcuni farmaci passano nel latte e solo alcuni di questi provocano sintomi o disturbi nel bambino. Anche in questo caso, è utile che le madri chiedano consiglio al proprio medico ogni volta che hanno bisogno di una cura. Esistono tabelle con le indicazioni delle sostanze sicuramente da evitare, di quelle da sorvegliare e di quelle innocue. Queste liste sono a disposizione dei pediatri, che possono così guidare le madri nella scelta di una cura.
Assunzione dei farmaci da parte dei bambini
I bambini, e soprattutto i neonati, possono reagire diversamente all’assunzione di un farmaco rispetto agli adulti. È quindi sempre opportuno consultare il pediatra. È altresì importante tenere lontano dalla portata dei piccoli tutte le medicine e, salvo diverse indicazioni riportate sul foglietto illustrativo, non dare i farmaci assieme agli alimenti (come il latte) perché potrebbero esserci interazioni. Fondamentale è anche essere sicuri di somministrare il medicinale nella maniera corretta. In particolare, quando si acquistano farmaci OTC (cioè quelli da banco che si possono comprare senza la ricetta del medico), prima di usarli è bene leggere sempre il foglietto illustrativo e consultare il farmacista o il medico in caso di ulteriori spiegazioni. Quando invece è il pediatra a prescrivere un farmaco al bambino è opportuno che eventuali chiarimenti, a proposito della cura prescritta, vengano chiesti prima di lasciare lo studio.

Regole da seguire in gravidanza per la salute della mamma e del bambino

Non sono regole normate da qualche governo o sottoscritte da importanti associazioni di ostetrici o ginecologi, ma sono regole nate con l’esperienza per poter sopravvivere in un momento veramente magico ed emozionante come quello della gravidanza, in cui tutti si sentono in diritto di dire la propria opinione. Ricordate che nessuno può conoscere meglio di voi stesse il vostro corpo e il vostro futuro bambino.
La legge italiana tutela la gravida e il nascituro garantendo tutti i controlli gratuiti gli esami fondamentali da eseguire durante la gestazione.

Ecco le 10 regole da seguire per avere una gravidanza perfetta:

Ecco le 10 regole da seguire per avere una gravidanza perfetta:
  1. Evitare la sciatteria: non trascurarsi e non lasciar andare né il proprio corpo né la propria mente
  2. La gravidanza non è una malattia, ma un evento fisiologico della vita di una donna
  3. Se non ci sono particolari indicazioni mediche, nessuno sport o attività sono strettamente controindicati in gravidanza, anzi: una costante attività sportiva può giovare a madre e feto
  4. Non si deve mangiare per 2, bensì 2 volte meglio utilizzando una dieta varia ed equilibrata. Eccezione consentita le limitazioni imposte dalla recettività alla toxoplasmosi
  5. Essere “gravide” vi rende particolarmente soggette alle opinioni delle persone che vi circondano: ricordate che non tutto ciò che “mi è stato detto” o è frutto di esperienze personali corrisponde sempre e perfettamente alla realtà. Funzionate da filtro per sopravvivere
  6. Ciascuna gravidanza è differente da un’altra e ogni gravidanza è diversa dalle successive: utilizzate le esperienze ma non lasciatevi condizionare
  7. E´ diritto/dovere della donna essere seguita durante la gestazione per tutelare la sua salute e quella del nascituro.  Esami ed ecografie routinarie sono garantiti gratuitamente dal SSN, come anche l’assistenza e l’anonimato a tutte le donne gravide che hanno deciso di non riconoscere il loro bambino
  8. Il concetto di “salute” viene definito come il benessere psico-fisico di un individuo: in una gravidanza, la fisiologia del suo svolgersi è fondamentale come la serenità mentale della futura mamma, per garantire una precoce interazione tra madre e feto.
  9. Una corretta igiene personale è l’ABC della prevenzione delle complicazioni
  10. La maternità (e la paternità) è tutelata in ambito lavorativo da molte normative: informatevi  sui vostri diritti per non essere vittime di soprusi

Attenzione agli antinfiammatori e analgesici, ma anche ai rimedi a a base di piante officinali

Attenzione a prendere farmaci di testa propria durante la gravidanza perché potrebbero far male alla propria salute e a quella del piccolo. Addirittura, uno studio appena pubblicato sul British medical journal a firma di un gruppo di ricercatori danesi, ha messo in luce che antifiammatori e analgesici in particolare aumentano di sette volte il rischio di aborto se vengono assunti durante il primo trimestre. 
“Lo studio ha dimostrato che c’è un’associazione tra il momento dell’aborto e il periodo di assunzione di questi farmaci,” spiega Giovanni Menaldo, direttore dell’Istituto di medicina della riproduzione e psicosomatica di Torino. “Magari gioca anche una certa casualità. Ma in ogni caso è un invito a stare all’erta e a sentire sempre il proprio medico di famiglia o il ginecologo prima di prendere qualsiasi medicinale.”  Oltre ad aumentare il rischio di aborto, infatti, ci sono principi attivi che hanno un effetto teratogeno, ovvero sono in grado di causare malformazioni congenite nel bambino.


Un servizio telefonico per le future mamme
Proprio per aiutare la futura mamma quando vuole più informazioni sui farmaci, ma magari non è reperibile il suo medico, il Cifs, Centro di informazione sul farmaco e sulla salute, ha istituito anche un servizio telefonico. Il numero è 800883300. Massima allerta però anche con le piante officinali. Al momento sono ancora scarse le conoscenze sul grado di diffusione delle sostanze vegetali attraverso la barriera placentare, sui possibili effetti teratogeni e sulle loro attività farmacologiche sui tessuti embrionali. “Non bisogna prendere “sottogamba” la fitoterapia, pensando che se è naturale non fa male,” interviene il professor Menaldo. “Alcune aumentano la contrattilità uterina con rischio di aborto, altre sono direttamente tossiche per il feto o l’embrione, come per esempio le piante contenenti alcaloidi pirrolizidinici quali la Farfara e la Consolida. Per questo, il consiglio è sempre il medesimo che viene dato per i farmaci: mai fare da sé.” 

CELLULITE, SCOPERTA LA CAUSA: SI BATTE CON UNA DIETA ACIDA

Scoperta l’origine della cellulite cambiano le cure. Non è l’insufficienza del sistema venoso la principale causa ma il tessuto adiposo. La notizia, annunciata al convegno nazionale della società italiana di medicina estetica in corso a Roma cambia le strategie di cura per 24 milioni di italiane che ne soffrono a partire dai 13 anni di età. «Se fino ad oggi ci si è concentrati su terapie contro l’insufficienza venosa, nuove ricerche italiane e internazionali dimostrano invece come e quanto sia coinvolto il tessuto adiposo che, fin dalle prime fasi di comparsa della cellulite, agisce come un organo endocrino, infiamma i tessuti innescando processi fibrotici che con gli anni portano ad un peggioramento irreversibile dello stato» spiega Emanuele Bartoletti, segretario della Società italiana di medicina estetica.
NUOVA DIETA Tra le novità terapeutiche c’è la dieta acidificante, iperproteica, ipoglucidica e alcalinizzante, da fare per almeno un mese, messa a punto da Pier Antonio Bacci, docente di medicina estetica all’università di Siena, che spiega: «I primi due-tre giorni sono a base di frullati di frutta o di verdura; seguiti da 5-6 giorni di alimentazione senza glutine; poi si ricomincia a mangiare per 15-20 giorni carboidrati a pranzo e proteine la sera, mantenendo la proporzione di 60% alimenti alcalinizzanti (frutta, verdura e legumi) e 40% di acidificanti (carne, dolci, carboidrati). Alla dieta si associa l’assunzione di bustine di bicarbonato di sodio, potassio e magnesio per ridurre ulteriormente l’acidità dei tessuti. Infine è necessario bere 2 litri di acqua al giorno, acidula durante i pasti e a pH verso l’alcalinità (sopra 5,8-6) lontano dai pasti. Gli alimenti alcalinizzanti permettono di depurare l’organismo e ridurre l’infiammazione del tessuto adiposo». Fra le nuove terapie anticellulite presentate al congresso romano molte prendono spunto dalla medicina sportiva: magnetoterapia, tecarterapia, radiofrequenza, laser e infrarossi ad azione antinfiammatoria e contro la fibrosi dei tessuti. Infine i massaggi manuali e meccanici: linfodrenaggio ed endermologie, mesoterapia e carbossiterapia per trattare le fasi avanzate di cellulite dolorosa, ridurre l’edema e l’insufficienza venosa associati alle forme gravi.

Parto prematuro: i sintomi principali

Il parto prematuro avviene prima della 37a settimana di gravidanza quando il bambino ha ancora l’apparato respiratorio non completamente formato. Si tratta, quindi, di una situazione estremamente rischiosa per la vita del neonato. Nel parto prematuro, i pricipali sintomi sono rappresentati da: contrazionio dolori al basso ventre di intensità variabile, perditie vaginali e nei casi estremi la rottura delle acque.
Come si manifesta il parto prematuro
Il parto prematuro, o parto pretermine, avviene prima della 37a settimana di gestazione e rappresenta una situazione rischiosa sia per la mamma sia per il bambino soprattutto se avviene i neonati molto prematuri, i quali sono altamente a rischio di soffrire di gravi problemi cerebrali, digestivi e soprattutto respiratori. Inoltre la mortalità nei primi giorni di vita è molto alta. Questi neonati se superano la fase critica rischiano anche di avere problemi anche una volta cresciuti, ad esempio ritardo nello sviluppo e problemi nell’apprendimento. Il parto prematuro è più frequente nelle mamme molto giovani (meno di venti anni) e in quelle più mature (sopra trentotto anni).
Il parto prematuro è accompagnato da sintomi e in particolare da contrazioni che si presentano in genere ogni dieci minuti o con una frequenza maggiore. Spesso sono dolorose e devono subito allarmare la mamma che deve recarsi in ospedale. In altri casi le contrazioni possono essere sporadiche o possono presentarsi come un indurimento dell’addome accompagnato da mal di schiena e da senso di peso al basso ventre.
Possono essere presenti emorragie, sintomo di un distacco di placenta alla base del parto prematuro. L’emorragia può anche non essere abbondante, ma è quasi sempre accompagnata da dolori e contrazioni.
La minaccia di parto prematuro può presentarsi anche con la “rottura delle acque” (membrane amniocoriali) con perdita di liquido amniotico trasparente o verde. In questo caso è richiesto un ricovero urgente.

Sintomi principali del parto prematuro
Il parto prematuro, accompagnato da particolari sintomi, è una situazione di grave rischio per la madre e il bambino. I sintomi che devono mettere in allarme i futuri genitori sono rappresentati da contrazioni (dolorose ma anche più lievi), mal di schiena, emorragie e la rottura delle borse amniotiche. Queste condizioni richiedono il ricovero immediato.

Invecchiamento cutaneo

L’invecchiamento cutaneo è causato da due fattori: i fattori endogeni e i fattori esogeni. Scopri come contrastarli e affrontare al meglio i cambiamenti della pelle.



Invecchiamento cutaneo endogeno:
Si definisce endogeno un processo dovuto a fattori provenienti dall’interno di un organismo, in questo caso significa che l’invecchiamento cutaneo endogeno è causato da fattori biologici e non da fattori esterni.
Questo processo ha origine dai cambiamenti che avvengono all’interno del corpo con il passare dell’età ed è un processo del tutto naturale; col tempo la produzione di estrogeni diminuisce, il rinnovamento cellulare rallenta e la pelle perde di elasticità e tono, questo porta la pelle a invecchiare.
Nel corso degli anni inoltre la capacità del corpo di produrre collagene diminuisce e l’epidermide perde di densità, assottigliandosi. Un altro fattore che condiziona l’invecchiamento cutaneo è la capacità delle cellule basali di proliferare che col tempo si riduce con il conseguente assottigliamento dell’epidermide e un calo della sua efficacia protettiva. A diminuire è anche la sintesi cutanea di vitamina D, che si abbassa fino al 75%.

Invecchiamento cutaneo esogeno:
Questo tipo di invecchiamento è invece dovuto a fattori esterni. Stress, stanchezza, abitudini alimentari sbagliate, esposizione al sole e fumo influenzano moltissimo la condizione della pelle perché ne abbassano le difese immunitarie rendendo più difficile per il corpo contrastare i radicali liberi.
Tra queste l’esposizione al sole è forse la più dannosa per la pelledetta anche photoaging, in cui si include anche l’abbronzatura artificiale. Una prolungata esposizione al sole senza un’adeguata protezione porta a un precoce invecchiamento della pelle, il segno che distingue questo tipo di invecchiamento cutaneo è l’elastosi, una condizione degenerativa del derma. L’elastosi può essere causata anche da un’eccessiva esposizione ai raggi UVA. La cosa migliore in questo caso è una buona prevenzione, utilizzare un’efficace protezione solare prima di esporsi al sole è l’unica arma che abbiamo e, contrariamente a quanto molti pensano, l’utilizzo della protezione non previene l’abbronzatura, ma al contrario idratando e proteggendo la pelle i filtri solari permettono un’abbronzatura più sana e duratura.


Trattamenti per le pelli grasse ed impure

La pelle grassa è un problema per molte persone, siano esse donne o uomini; ne soffre circa l’85% degli adolescenti ed una percentuale inferiore ma comunque considerevole di adulti.
Gli inestetismi cutanei (come brufoli e punti neri) causati dall’eccessiva produzione di sebo caratterizzano la pelle grassa, rendondola oleosa, lucida ed untuosa al tatto e peggiorandone quindi l’aspetto. I pori ostruiti danno vita alle imperfezioni che tante preoccupazioni causano a migliaia di persone, con problemi che talvolta nei casi più gravi possono essere anche di carattere sociale.

Ci sono però cure, trattamenti e consigli da seguire che potranno rendere una pelle impura più pulita ed esteticamente accettabile, migliorandone notevolmente la salute e l’aspetto rendendola perfetta agli occhi della gente e del mondo.
Il primo consiglio è curare ‘alimentazione: la pelle grassa può essere causata, o resa ancora più grassa, da abitudini alimentari scorrette. E’ quindi molto importante seguire una dieta regolare e prestare attenzione ai cibi ed alle bevande ingerite, assumendo molta acqua per idratare la pelle e limitando caffè, dolci, fritti e sigarette. Una dieta ricca di frutta e verdura e soprattutto con un apporto di cibi grassi molto limitato è il primo passo verso una pelle più luminosa e liscia.
Occorre infine fare attenzione alla scelta dei prodotti e cosmetici giusti per la pulizia e la detersione quotidiana del viso, adatti ad una pelle grassa. Di seguito una serie di utili consigli pratici e trattamenti da seguire per evitare e ridurre gli inestetismi cutanei.
  1. fare lo scrub: è molto importante per evitare la formazione di punti neri sulla pelle del viso. Lo scrub deve essere specifico per pelli grasse, per pulire in questo modo anche i pori più profondi e dilatati, evitando soprattutto di usare detergenti troppo aggressivi che alterando il ph naturale della pelle rischiano di irritare ed aumentare la produzione di sebo. In generale sono da evitare prodotti che contengano schiuma e alcalini che alterino il ph e aggrediscono la pelle
  2. applicare, dopo la pulizia del viso, un tonico astringente per chiudere i pori, evitando tonici a base di alcool che irritano ed aggrediscono e disidratano la pelle
  3. fare almeno due volte a settimana una maschera che idrati, calmi i rossori e nutra la pelle seborroica, che ha grande bisogno di mantenersi idratata e nutrita
  4. usare un latte struccante detergente naturale, che non aggredisca la pelle. Ricordarsi di struccare il viso massaggiando delicatamente con la punta delle dita, invece di usare il dischetto ed insistendo nei punti più impuri
  5. scegliere in maniera molto accurata i prodotti di makeup, evitando fondotinta pesanti che occludano i pori non facendoli respirare e aumentando ulteriormente la comparsa di acne. In generale, usare un trucco leggero ed usarlo il meno possibile, per lasciare la pelle libera di respirare.

Dormire in tre nel lettone? C’è il partito del “dormire con noi mai” e quello del “più lo coccolo, meglio è”. Da che parte stare?

Occhi cerchiati, spossatezza, nervosismo: abbiamo dormito male – oppure per nulla – e il motivo non è da ricercare in un malessere. Semplicemente abbiamo riposato poco perché la notte appena passata l’abbiamo trascorsa con il nostro bambino che ci ha raggiunto dalla sua cameretta e si è infilato nel lettone insieme a noi. Probabilmente lo avremo accolto raccontandogli che questa sarebbe stata l’ultima volta, sapendo già, in cuor nostro, che cederemo ancora alla sua richiesta di accucciarsi tra mamma e papà. Ma è giusto far dormire un bambino nel lettone? E se diventa un’abitudine? Abbiamo esposto i nostri dubbi alla dottoressa Francesca Saccà, psicologa e psicoterapeuta a Roma e curatrice del blog Psicologo in famiglia. È naturale che il bambino voglia dormire nel lettone di mamma e papà, luogo caldo e sicuro, quasi “magico”, dove, attraverso il contatto fisico con i genitori, sperimenta sicurezza e protezione.
Il lettone è un posto speciale e deve essere conquistato dal bambino in occasioni speciali.
Ciò vuol dire: non si dorme tutti i giorni con mamma e papà, perché non dare questa abitudine permette al bambino di sviluppare la sua autonomia. E preserva l’intimità della coppia.

La regola e le eccezioni
Come ogni regola anche quella del lettone ha le sue eccezioni. A volte si può essere flessibili di fronte alle richieste del bambino. Nulla vieta che, in casi particolari, per esempio di fronte a cambiamenti (trasloco, vacanze, soggiorno da parenti o amici) o a situazioni nuove che provocano nervosismo e ansia, si tenga con sé per farlo addormentare, riportandolo poi nel suo lettino. Questa modalità diventa un rito rassicurante che lo calma. Per poi tornare tranquillo nel suo lettino.

Come prevenire “il vizio”… Organizzare uno spazio tutto suo
La nanna nel lettone è un’abitudine che si può evitare creando una cameretta o uno spazio accogliente che sia solo del bambino. Se l’appartamento è piccolo e non c’è una cameretta per lui, create una separazione tra l’ambiente del piccolo e quello dove dormite voi (si può mettere un paravento tra il letto e la culla). Il bambino dovrà addormentarsi nel suo letto con un genitore a fianco.
È importante stabilire orari precisi per andare a dormire, raccontargli una favola, concedergli la compagnia del suo peluche.
Se nella notte il bambino si sveglia ed entra nella vostra camera, riaccompagnatelo nella sua senza cedere alla pigrizia o alla compassione. Il piccolo ha preso l’abitudine (sbagliata) di dormire nel lettone? Cercate di disabituarlo: rendete piacevole il momento della nanna con una favola e le coccole. Se teme il buio tenete accesa una lucina e lasciate la porta aperta. Occorre pazienza e tenacia per promuovere e consolidare la nuova abitudine: non bisogna cedere, anche se il piccolo si dispera occorre farsi vedere risoluti e decisi.
Il neonato dorme meglio nella culla
Se a entrare nel lettone è un bambino di pochi mesi o giorni, occorre fare attenzione: almeno un genitore dovrebbe essere sveglio per monitorare la situazione. Il rischio è che il bambino sia schiacciato o spinto giù nel sonno. Meglio dunque che il neonato dorma nella sua culla in uno spazio protetto. La cosa migliore sarebbe quella di farlo dormire da subito, appena rientrati dalla clinica, nel suo lettino. Già appena nato è importante che il bambino abbia uno spazio suo. Se ciò non è possibile, è importante che si installi nella sua cameretta dai 5/6 mesi: quando diventa troppo lungo per dormire in culla, è il momento di trasferirlo nel nuovo lettino nella sua stanza.

Depressione post-parto, si prevederà dal sangue

Presto potremo prevedere il rischio di incorrere nella “baby blues”, la depressione che coglie una neomamma su sette subito dopo il parto, le cui forme più gravi possono anche diventare psicosi vere e proprie. Un semplice test del sangue potrebbe infatti anticipare il pericolo di restarne vittima.
A un test che potrebbe essere davvero rivoluzionario, sta lavorando il team di Dimitris Grammatopoulos, della Warwick Medical School (Gran Bretagna), che ha presentato i risultati del suo gruppo all’ultimo International Congress of Endocrinology di Firenze.

Lo studio
Il lavoro ha coinvolto un gruppo di 200 donne seguite prima e dopo il parto, e ha permesso di scoprire che il pericolo di sviluppare la “baby blues” è in qualche modo scritto nel Dna: le donne predisposte alla depressione post-parto – hanno concluso gli autori – sembrano avere maggiori probabilità di presentare nel proprio corredo genetico particolari varianti di 2 geni interruttori cruciali nella risposta allo stress, poiché regolano la produzione di 2 recettori che a loro volta controllano l’attività dell’asse ipotalamo-ipofisario.

Speranze future
Grammatopoulos e i suoi colleghi intendono approfondire i risultati di questa ricerca attraverso uno studio più ampio e multicentrico, che coinvolga anche altre strutture britanniche a Coventry, Birmingham e Londra.
“Crediamo di avere fatto una scoperta con importanti implicazioni cliniche e sociali”, ha commentato Grammatopoulos, “se si riuscissero a identificare più facilmente le donne che rischiano la depressione post-parto, queste pazienti potrebbero essere trattate prima e con terapie appropriate”.

Fumo in gravidanza? Non connesso con l’autismo

Fumare durante la gravidanza non è collegato direttamente allo sviluppo dell’autismo nei figli. Ad affermarlo è uno studio pubblicato dal Journal of Autism and Developmental Disorders.

La ricerca, promossa dalla Drexel University di Philadelphia, è stata condotta in Svezia su oltre 42 mila bambini. E’ risultato che il 19% dei bambini con ASD aveva subito il fumo passivo della madre durante la gravidanza, ma che una percentuale simile (18%) appartiene al gruppo dei bambini affestti da ASD ma nati senza fumo passivo.
La differenza è minima dunque, come spiega il responsabile Brian Lee: “Non abbiamo trovato alcuna prova che il fumo materno durante la gravidanza aumenti il rischio di disturbi dello spettro autistico“. Ricordiamo alle future mamme che fumare durante la gravidanza è comunque altamente sconsigliato: i rischi per i nascituri sono tanti.

Allattamento al seno

Il momento dell’allattamento è fondamentale. Oltre al nutrimento, il bambino è sottoposto alla protezione e alla tenerezza della mamma. Tuttavia capire come allattare e ogni quante ore può divenire un problema. Non tutti i bambini, infatti, sono accomunabili. Anzi: ognuno ha le sue tempistiche e il suo appetito secondo il quale le poppate possono variare anche di molto.

Le regole basilari dell’allattamento

In linea di massima, i pasti giornalieri sono 8-12 nell’arco delle 24 ore, soprattutto nelle prime settimane di vita. Quindi, un minimo di una poppata ogni tre ore. Come si diceva, però, le tempistiche possono cambiare, anche in base alla tipologia dell’allattamento.
Se il neonato è nutrito con latte materno, più facile da digerire, è possibile che torni a chiedere il seno già dopo un paio d’ore, massimo due ore e mezza, dal termine del precedente pasto. Viceversa, se lo si sta alimentando con latte artificiale, che può essere più difficile da digerire, è consigliabile far trascorrere almeno tre ore e mezza fra un pasto e l’altro. Allattare: ogni quante ore, come si vede, dipende da diversi fattori.
Detto questo, c’è da aggiungere che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità sarebbe consigliabile procedere secondo il rooming totale: vale a dire la mamma a disposizione 24 ore su 24 per assecondare le necessità nutritive del bambino. Le poppate a orari troppo fissi, infatti, ostacolerebbero un allattamento corretto. Il suggerimento, insomma, è allattare a richiesta secondo le necessità del piccino. Ci si può regolare dai pannolini bagnati, che nelle 24 ore devono essere 6-8 e controllando la presenza di feci: se tutto rientra in questo schema, l’allattamento procede senz’altro per il meglio.

Quanto tempo dura la poppata

Assodato che almeno ogni tre ore dev’esserci una poppata, c’è da concludere indicando almeno quanto debba durare un pasto. Ebbene, anche in questo caso sarà il vostro bambino a decidere, staccandosi dal seno. Rimuovere il seno prima del tempo potrebbe infatti sottrarre al piccolo la parte più nutriente del latte, quella conclusiva, ricca di proteine e grassi. Allattare, ogni quante ore, diventa così semplice e divertente in sintonia col proprio bambino.

Niente sale nelle pappe dei neonati

I primi anni di vita di un bambino sono decisivi per lo sviluppo del senso del gusto, incidono sia sulle preferenze, sia sul suo comportamento alimentare futuro. Per esaltare il gusto di una pietanza è nostra abitudine quella di ricorrere all’uso del sale. Senza rendercene conto ne usiamo dosi decisamente superiori al nostro fabbisogno. Ricadiamo in questa cattiva abitudine anche quando prepariamo le pappe dei bambini, in quanto, nel condire l’alimento ci regoliamo in base al nostro gusto personale, sottovalutando che i neonati hanno un senso del gusto decisamente diverso dal nostro.
Almeno fino al secondo anno di vita il bambino dovrebbe essere nutrito con alimenti privi di sale, soprattutto perché non si dovrebbe sovraccaricare di lavoro i reni, che non sono completamente ben sviluppati e, quindi, non ancora del tutto capaci di eliminarlo. L’assenza di questo esaltatore di sapidità nelle pappe permetterà al bimbo di crescere senza alcuna dipendenza dai cibi salati, verrà educato al gusto e imparerà a distinguere e riconoscere i diversi ed autentici sapori; inoltre, rappresenterà anche un’ottima arma di prevenzione nei confronti di alcune patologie.

Il sodio contenuto nel sale è importante per il mantenimento del nostro stato di salute, in quanto svolge diverse funzioni: partecipa all’equilibrio acido-base; alla regolazione dell’eccitabilità muscolare; alla regolazione del bilancio idrico; al mantenimento della pressione osmotica dei liquidi corporei. Il problema nasce nel momento in cui si eccede nell’assunzione.
Un recente studio condotto a Philadelphia e pubblicato sull’American Journal of Clinical ha spiegato l’importanza di non somministrare cibi salati, soprattutto nei primi anni di vita. La ricerca si è basata sulla somministrazione di acqua contenente concentrazioni diverse di sale a un gruppo di sessanta neonati. Parallelamente, sono state annotate le scelte alimentari seguite dai genitori per l’alimentazione dei propri bambini durante i mesi di svolgimento della ricerca. In questa prima parte dell’indagine si è osservato come i neonati non preferivano le soluzioni salate e, addirittura, rifiutavano quelle con maggiori concentrazioni saline. Lo stesso esperimento è stato ripetuto quando i bambini aveva raggiunto i 6 mesi di vita. I risultati questa volta sono stati diversi: i bambini nella cui alimentazione era stato aggiunto il sale e che, inoltre, facevano uso di pane, cracker e cereali, gradivano l’acqua addizionata di sale che gli era stata proposta. I pochi bambini che invece continuavano a rifiutare l’acqua salata erano quelli che mangiavano più frutta sia a merenda che a colazione rispetto agli altri. Non dobbiamo dimenticare come tutti gli alimenti apportano naturalmente sale nell’organismo, quindi, l’aggiunta è superflua. Se a questa dose aggiungiamo quella che assumiamo mangiando soprattutto alimenti già pronti, specialmente a base di cereali come zuppe e minestre, noteremo che la quantità di sale assunto è decisamente superiore al nostro fabbisogno e alla capacità dei reni di eliminarlo giornalmente.
In media, in condizioni normali, i reni eliminano da 0,1 a 0,6 g di sodio al giorno. Sono anche numerosi gli studi che hanno dimostrato che l’uso eccessivo di sale crea una vera e propria dipendenza simile a quella data dall’uso di una droga. Questa condizione porta inevitabilmente all’abuso nel consumo, aumentando il rischio di insorgenza di patologie renali e dell’apparato cardiocircolatorio.

Svezzamento. Le sue prime pappe

Per vivere serenamente lo svezzamento, le parole d’ordine devono essere pazienza e gradualità.

 Per molti fila liscio, ma per qualcuno significa fine dell’idillio con il figlio e inizio di rifiuti, bocche chiuse e cibo sputato. Con nervosismo, ansie e insicurezze per entrambi. Durante lo svezzamento è fondamentale agire in modo da aiutare il piccolo a sviluppare un buon rapporto con il cibo e impostare uno stile alimentare corretto. In poche parole, a mangiare con piacere e quando ha fame. Come farlo? Lo abbiamo chiesto a Cristina Bertanza, pediatra a Milano.

Come e quando iniziare con il cibo solido?
Non prima del quarto mese e non oltre il settimo: si può iniziare con qualche cucchiaio di frutta frullata o di crema di riso, per poi arrivare a un pasto vero e proprio intorno al sesto mese. Per vivere serenamente il passaggio dal latte all’alimentazione solida, le parole d’ordine devono essere pazienza e gradualità. Gli alimenti e i sapori nuovi vanno proposti al piccolo senza fretta, rispettando i suoi tempi e i suoi gusti. La pappa è un’esperienza nuova: per i sapori e la consistenza del cibo, ma anche per il cucchiaino e per il seggiolone. È importante cominciare in una situazione di buona salute e relax per mamma e figlio e dedicare il giusto tempo alla pappa. Per rendere il momento più piacevole è meglio far mangiare il piccolo prima degli adulti; e per evitare che arrivi al pasto troppo affamato, è bene anticipare di una mezz’ora rispetto alla poppata. Se ha molta fame e qualcosa va storto, potrebbe innervosirsi e rifiutare il cibo. In generale, è bene cominciare con qualche assaggio: se dimostra di gradire si continua, ma se il rifiuto è deciso è meglio lasciar perdere. Il giorno successivo si riprova con piccoli assaggi.


Cibi preparati in casa o già pronti?
Le preparazioni industriali assicurano un alto standard igienico-sanitario e, grazie ai controlli molto rigorosi della filiera, gli ingredienti sono di ottima qualità. Ma se la mamma ha tempo, può preparare in casa i pasti. Nei primi mesi di svezzamento si può cucinare la carne bianca (pollo, coniglio e tacchino), dopo il 9° mese s’inserisce nel menu anche la carne di maiale e il tuorlo d’uovo. È importante fare tutto con gradualità, non avere fretta e lasciare al piccolo il tempo di abituarsi ai sapori nuovi.


Le raccomandazione dell’OMS
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) ha diffuso recentemente le linee guida sull’alimentazione complementare dei bambini allattati al seno. Ecco i punti salienti. Durante lo svezzamento, continuate ad allattare al seno (se è possibile, anche fino a due anni, dicono gli esperti); incoraggiare i bambini, senza forzarli; aumentare gradualmente la consistenza e la gradualità degli alimenti; cercare di variare il più possibile gli alimenti; praticare una buona igiene, servendo i cibi immediatamente dopo la preparazione. Quando il bambino è malato, aumentare l’apporto di liquidi, anche attraverso un allattamento più frequente; durante la convalescenza, offrire cibo più frequentemente.


Non esagerare con la carne
Nei i primi due anni di vita del bambino, è bene non esagerare con le proteine animali: secondo molti studi scientifici, infatti, troppa carne favorisce l’obesità. Con un abbondante cucchiaio di grana nella pappa, ricco di proteine (35 per 100 g, contro i 20 della carne) non c’è bisogno di fargli mangiare il secondo. Quando si comincia a introdurre la carne, abbiate l’accortezza di alternarla ad altre fonti proteiche, come formaggi (ricotta, crescenza, caprino), pesce, uova. Non dimenticate i legumi: lenticchie, ceci e fagioli contengono proteine vegetali e sono poveri di grassi. Vanno abbinati sempre alla pastina (per farne un piatto completo) senza esagerare con le quantità.

Svezzamento: passaggio dal liquido al solido

Per la crescita corretta del neonato, bisogna curare attentamente la sua alimentazione. Particolarmente delicato è il momento del passaggio da sostanze liquide a quelle solide con l’introduzione di nuovi cibi.
Dai 4 ai 6 mesi: le prime pappe dovrebbero essere introdotte nell’alimentazione del bambino intorno ai 4 mesi, senza per questo rinunciare alle poppate sia che la mamma allatti il piccolo al seno o con il biberon. All’inizio, almeno fino al 5/6° mese, gli alimenti, mele, zucchine, carote, patate, dovrebbero essere offerte al piccino sotto forma di frullato o omogeneizzato, in modo tale che la differenza di consistenza tra il latte (liquido) e gli alimenti (solidi) sia per il bimbo quasi impercettibile.
Dai 6 ai 7 mesi: dopo il 6° mese la mamma può introdurre nell’alimentazione del bambino cibi con una certa consistenza, per esempio la carne. Perfetti gli omogeneizzati, ma per una preparazione casalinga, consigliabile optare per la carne frullata o macinata, offerta sottoforma di polpette o hamburger. Da evitare, invece, la carne eccessivamente fibrosa che potrebbe essere mal digerita dal bimbo.
Dopo gli 8 mesi: il passaggio vero e proprio da un’alimentazione liquida a una solida avviene, generalmente, dopo l’8° mese, quando comunque il bambino ha già messo alcuni dentini. Il passaggio deve essere molto graduale. Sì, quindi, allo spezzettamento del cibo in modo che il piccolo possa inghiottirlo anche senza masticarlo, facendo attenzione, però, che lo abbia deglutito. Perfetta, in questo senso, la pastina, i pezzetti di mela cotta, le verdure sminuzzate.
Da introdurre con cautela
- Le uova: altamente allergizzanti, le uova vanno inserite nell’alimentazione solo dopo l’anno e, comunque, con molta cautela. Le prime volte, quindi, date al bambino un cucchino di tuorlo e aspettate qualche giorno per controllare che non si verifichino reazioni allergiche. In caso negativo, passate al tuorlo intero e, infine, all’albume. Solo quando avrete la certezza che il piccino tollera bene le uova, proponetegli una frittata (cotta, magari, nel forno).
Pomodori: anche i pomodori possono scatenare reazioni allergiche piuttosto violente. Vanno, quindi, inseriti nell’alimentazione piuttosto tardi, dopo gli 11 mesi, a piccole dosi. Fino a quando non si ha la certezza che il fisico del bambino non ne è disturbato. A quel punto, si può proporre al piccino un piatto di pastina condita con pomodoro fresco e un goccio di olio d’oliva.
Crostacei: se il pesce è, generalmente, ben tollerato dai piccolissimi e, anzi, risulta un alimento prezioso per variare la loro dieta già a partire dal 7° mese, i crostacei potrebbero causare qualche problema. Vanno, quindi, introdotti con moderazione e, comunque, dopo i 7 mesi anche perché il loro gusto è spesso non gradito ai bimbi.
Frutta secca: non è un alimento indispensabile nell’alimentazione del bambino. Ecco perché è meglio ritardarne quanto più possibile l’introduzione dal momento che, soprattutto per quanto riguarda le nocciole, la frutta secca può provocare fortissime reazioni allergiche.